Test e pagine tecniche
Come ho già scritto nella presentazione nel corso degli anni ho fatto molti test su pellicole in rullo, pellicole piane, carte a gradazione e a contrasto variabile, nonché su diversi tipi di bagni di sviluppo. Una cosa che mi ha particolarmente intrigato è stato soprattutto verificare come cambiano i risultati - a parità di parametri - in funzione della agitazione e/o della diluizione.
Fare un test può essere più o meno una cosa lunga - dipende solo dalle tolleranze che si accettano - ma una volta appresa la procedura è relativamente semplice condurlo a termine. Quella delle tolleranze che ci si impone è una questione da non sottovalutare, e mi spiego con un’esempio. Nei miei test (famiglia di test) di solito utilizzo 5 pellicole piane che sviluppo per tempi differenti (o se voglio per diluizioni o agitazioni differenti). Poiché non mi fido di un solo risultato che potrebbe essere frutto del caso (e se non c’è un riscontro, qualsiasi risultato può sembrare passabile e accettato per buono) ho l’abitudine di ripetere il test. A volte lo stesso giorno, altre a distanza di un paio. Se i risultati dei due test non sono sovrapponibili (o con differenze minime, cioè strumentali) ne faccio un terzo, e prendo per buono uno dei due che hanno fornito i dati più vicini. Ma se ho dei dubbi ricomincio daccapo e ripeto tutta la procedura. Ecco fatto che per fare un singolo test (famiglia di curve) se ne possono andar via anche una quindicina di pellicole, o diversi rulli. Se invece si accetta il primo risultato che viene fuori è ovvio che tutto è più semplice.
Serve fare dei test? Ho qualche dubbio in merito. Tutto dipende da cosa ci si aspetta. Se si fa un test in modo serio e preciso questo ha una sua utilità, ma solo se dai risultati si è capaci di capire come questi cambiano in funzione dei parametri in essere. Il risultato del test non è un “numero” ma piuttosto un insieme di numeri che vanno presi tutti insieme e fatti interagire. Se siamo convinti che un test ci possa indicare solo, ad esempio, il tempo di sviluppo “perfetto” tanto vale non farlo.
Non serve nemmeno se si è convinti che il risultato del test - quale esso sia - si possa poi utilizzare pari pari in una effettiva ripresa sul campo. Non c’è nessun paragone fra le due situazioni di ripresa, quindi non ci può nemmeno essere nessun valore comune da estrapolare.
Ho cominciato a fare i miei test tracciando tutte le curve su fogli di carta, e quando mi sono accorto che maggiore era la dimensione del foglio tanto minori erano le tolleranze, quindi si otteneva una maggiore precisione, ho utilizzato fogli 40x50 cm, e a volte anche maggiori. Il problema è che tracciare grafici a queste dimensioni, e tutto manualmente con matita squadra e curvilineo, richiede una infinità di tempo. A volte giorni. Poi scopro che esiste un programma per fare la stessa cosa tramite PC… e ovviamente cerco informazioni. In pratica è l’antenato di quello che è oggi il BTZS, ma non ne ricordo il nome preciso. Accidenti che sfiga, gira solo su Mac, e io ho Windows. Pazienza: continuo a tracciare le curve a mano. Dopo qualche anno scopro che il vecchio programma è diventato quello che oggi comunemente identifichiamo come BTZS, e gira su Windows. Evidentemente ce l’hanno con me perché nel frattempo mi sono comprato un Mac.
Vorrei concludere nel modo più semplice e chiaro possibile la questione test: servono per darci una vaga idea di come le cose funzionano, ma sta a noi capirle e rifletterle e integrarle nel nostro modo di lavorare.
Un aspetto del tutto particolare hanno i test (famiglia di curve) fatti utilizzando bagni di sviluppo tannanti, cioè a base di Pirocatechina e Pirogallolo. Io utilizzo solo Pirocatechina e pertanto mi riferisco a bagni formulati con questo composto. Con i test fatti con bagni normali c’è una perfetta corrispondenza fra i dati ricavati dal test pellicola e quelli ricavati dal test sulla carta. Vado sul semplice: i due test sono confrontabili e incrociabili. Con i negativi ottenuti tramite uno sviluppo a base di Pirocatechina questo non avviene, in quanto la coloritura che questo prodotto produce (giallo bruno) ha una attinicità molto superiore a quella di un pari annerimento (visivo) prodotto da un bagno normale. I negativi sviluppati con la Pirocatechina sembrano molto più chiari, meno contrastati e soprattutto con le massime densità “più chiare o meno dense” di quanto in effetti produrranno in stampa. C’è poi la questione del colore giallo bruno che interferisce sulla gradazione delle carte a contrasto variabile falsando potenzialmente il “valore” del filtro in uso.
Da quanto sopra ne vengono fuori tre fatti principali. 1) I negativi sviluppati alla Pirocatechina non “dovrebbero” essere letti con il densitometro, in quanto la loro attinicità è diversa da quella desumibile dall’annerimento che è letto dal densimetro stesso. 2) Questi negativi colorati non si accoppiano al valore ISO-R della carta come fanno i negativi normali, e pertanto i dati “negativo” e quelli “carta” non sono incrociabili. 3) I due tipi di negativi, le loro curve e i rispettivi dati (numeri N) non sono paragonabili.
Alcuni autori con molta fantasia affermano che i negativi colorati (staining) possono essere letti con un densitometro colori utilizzando il canale blu che in parte mitigherebbe il valore della coloritura stessa. Può darsi, ma c’è un inconveniente: in questo modo si introduce un errore nei valori di lettura di circa mezzo stop. Focalizziamo il problema: si sta usando un densitometro che ha una risoluzione di 1/30 di stop e si accettano errori di 15/30 di stop. Mezzo stop appunto! Da fuori di testa…tanto vale fare le valutazioni ad occhio.
Per i miei test su negativi colorati utilizzo una procedura molto più semplice. Faccio le letture normali con il densitometro, come se il negativo non fosse colorato, e traccio ugualmente le mie curve. Alla fine, anche se questi dati non sono accoppiabili ai valori del test carta, comunque mi danno un valore “relativo” molto preciso di come procede l’annerimento in funzione dei parametri utilizzati. Se con un test normale posso dire che ne ottengo dei dati assoluti negativo/carta, in questo caso ho dei dati solo relativi. Ma due dati relativi ottenuti da test diversi sono comunque funzionali in quanto paragonabili.
Chi legge i miei test tenga presente - se sono inerenti a bagni coloranti - questa differenza di valori.
Sebbene possano essere affascinanti e accattivanti, i test resi pubblici vanno sempre relativizzati alle modalità di esecuzione di chi li ha fatti. Quindi hanno si un valore indicativo, ma sempre comunque relativo alle condizioni di esecuzione. I valori che un test esprime non sono assiomi ma piuttosto consigli. Altro fattore da tenere in considerazione è il “periodo” in cui questi test sono stati fatti. Negli anni - a volte anche molto pochi - i prodotti cambiano (carte, pellicole, bagni di sviluppo) e pertanto la certezza del dato espresso è ulteriormente fallace. Per i miei test utilizzo di solito bagni di sviluppo che preparo in proprio - quindi una possibile variante in meno - ma non posso essere certo della “stabilità” del materiale sensibile che acquisto. Ancora una volta, quando leggete dei test, vi invito a tener conto anche di questa possibile variante.